L’uomo che imparò a volare
di Monica Maggiore
Aveva voglia di miele Jack. Era già un po’ di tempo che le api, nonostante la città offuscava le stagioni, gironzolavano tra i gerani sistemati sulle finestre dell’appartamento pronti a sbocciare. Jack aveva voglia di miele e l’aria tiepida di aprile assopiva le giornate. Succedeva sempre così, all’improvviso. Era qualcosa che non controllava. Una volta in cinque giorni svuotò tre barattoli interi di miele d’acacia , fatti fuori a cucchiaiate piene, come quando da piccoli si saliva furtivamente sulla sedia per arrivare allo stipo della credenza ancora troppo alto, lì dove la mamma nascondeva le prelibatezze. Ma ora era diverso. Non era questione di golosità ma di necessità fisiologica. Quella volta infatti, era reduce da un trasloco, e con un linguaggio senza parole, il suo corpo gli aveva chiesto di portarlo alla sua erboristeria di fiducia.
Doveva ascoltarlo più spesso il suo corpo, dopo il trasloco voleva essere nutrito e coccolato, stava lasciando la casa dove era nato e vissuto per 30 anni ed era arrivato il momento del grande cambiamento. Lasciata casa, cambiato lavoro, cinque chili in meno e nostalgie di un intero pezzo di vita da compensare e Jack iniziò dal miele. Nutriente e compagno compensatore. I nuovi coinquilini sembravano simpatici … sembravano. Jack infatti trovò provvisoriamente una stanza in un appartamento periferico dove, perlomeno, c’era aria buona e una bella vista considerato che era un attico. L’appartamento non era male, ma l’accoglienza dei coinquilini si rivelò presto e in forma molto sottile come un fenomeno di nonnismo.
Probabilmente, uno dei ragazzi che ci abitava, e che era un carabiniere, continuava a credere di essere in caserma… stronzo anche l’altro che bensì fosse completamente diverso si faceva un po’ influenzare, per una questione di anzianità. Ma Jack era superiore di suo, era bravissimo a sgusciare via dalle provocazioni di entrambi. “Vivi e lascia vivere”, così Jack era lui e la sua stanza 4 x 4 e un terrazzo privato, tutto suo, enorme, dove tirava una tramontana da cui non ne era uscita viva neanche una pianta! Qui, però, poteva respirare e ammirare il rigoglioso giardino sottostante da cui arrivavano pollini e odori bellissimi.
Un giorno, era alle prese con il compagno miele, seduto fuori al terrazzo spoglio, quando d’improvviso si sente chiamare: “Hei, tu!” – Jack fa un balzo all’indietro, con lo sguardo smarrito inizia a sudare, era sicurissimo di avere sentito una voce, ma non c’era nessuno. “Ehi tu! Dico a te! Vacci piano con quel miele, lo sai quanti chilometri di volo dobbiamo fare per produrre un barattolo di miele così? Quanto tre volte il giro della terra” – Non ci poteva credere…la voce che sentiva usciva da una minuscola ape che gironzolava lì intorno. Non sapeva se correre in casa a chiamare aiuto ma fece presto due conti e preferì affrontare la situazione cercando di rimanere calmo per essere certo di non avere un allucinazione sonora. “Ingordo e anche maleducato, ti decidi a rispondere? Ebbene si, noi api possiamo parlare e comunicare con gli umani ma non con tutti, c’è un segno di riconoscimento che solo noi possiamo vedere, e tu ci puoi sentire, sei tra i prescelti. Ma ora rilassati e dimmi, qual è il tuo nome nella lingua degli umani? “ “J..J..J Jack, mi chiamo Jack” rispose balbettando, ancora incredulo. “Oh, Jack, molto piacere io sono Maja. C’eri stato segnalato già da qualche anno, ma non era ancora il momento, il momento è questo. Puoi venire qui a trovarmi quando vuoi, sarà sempre magico per te, ma quando ti sentirai pronto, possiamo iniziare la prima lezione di volo.
Ora rientra e non dire niente a nessuno, soprattutto a quei due!” Jack fece come l’ape gli aveva detto, rientrò in camera e d’improvviso si senti pervaso da una sensazione di benessere mai sentita prima, quella stanza gli sembrò grandissima, come se le pareti si fossero allargate, come raddoppiato, triplicato lo spazio. Ma non è tutto, d’improvviso si sentì alleggerito nel corpo e nei vestiti ci stava sempre meno, vide la camicia e i pantaloni cadere per terra e si vide lui….lui…rimpicciolirsi, rimpicciolirsi sempre più e tenersi in volo…ancora non capiva come. Si guardò incredulo, sentì uno strano ronzio intorno e vide il corpo colorarsi di giallo e anche di nero. Era diventato un’ape, proprio come quella con cui aveva parlato in terrazzo. Ed ora gironzolava libero dentro e fuori con l’amica Maja. Lei allora gli insegnò a riconoscere la danza delle api che annuncia alle altre del pascolo vicino per il nettare. Così danzando arrivarono insieme nel campo di fiori e iniziarono il lavoro.
L’uomo ape ebbe il privilegio di scoprire e partecipare a quel laborioso e prezioso mondo. Nove mesi più tardi Jack trovò una casa tutta sua nel centro della città. Era aprile e l’aria tiepida assopiva le giornate, quella voglia di miele annunciava visite dalla finestra. Jack era nuovamente pronto per il volo.